Bruno Missieri - Maggio 2011


Sandra Vukelic parla di sè e parla della sua pittura che descrive, semplificando, come pittura surrealista.
Le etichettature sono sempre strette e non definiscono mai la singola realtà; è vero, si può parlare di surrealismo perché la prima tela, che per prima vedo, mi colpisce con un affollarsi di vigorosi tetti rossi  emergenti da una nebbia che attanaglia le case e dalle quali ripartono scale a pioli che si allungano ad un cielo che certamente sarà raggiunto. Potrebbe essere lo sfondo perfetto per un racconto di L. Carrol oppure di G. Rodari, quello delle “Favole al Telefono”.
 Altre opere affollano un mondo che non smentisce la prima visione ma che registrano uno sguardo ironico e divertito tra teiere sospese a fili come marionette e da cui sporge, come un balconcino, una tazza oppure un occhio che da una piega ti scruta attendendo  il secondo atto della scena.
 La pittura è semplice, senza preziosismi formali; il divertimento è già pieno e compiuto nell’atto della invenzione e  nella trasformazione degli oggetti della quotidianità in altro fantastico.  Ho detto di divertimento applicando il senso etimologico della parola che proviene da “de vertere”, ovvero cambiare direzione o mutare uso o fruizione che è un atteggiamento specifico del surrealismo. Occorre anche dire, per meglio precisare l’àmbito di lettura di queste tele, che l’artista non si è fatta travolgere da una “naiveté” che elimina la complessità e che semplifica il dipingere  con la falsa ingenuità.                     
A queste sue esclusive strade di  fantastico domestico  si indirizza il gioco serissimo di Sandra Vukelic che ha guardato certamente a Pieter Bruegel o al Trittico delle Delizie di Hieronymus Bosch,  dalla pittura dei quali però ha lasciato cadere  lo sguardo violento e truculento per una visione affettuosa del mondo dove con vecchi libri si costruisce la casa delle fantasie,  dove un vecchio tronco di legno si trasforma in una tana accogliente, dove le casette messe in fila con il tetto a forma di cappello da fatina formano un bosco gioioso più che un assembramento urbano.
Le figure sono rare: un vecchietto  che cammina di spalle e  qualche abbondante nudino femminile non irrompono nella scena ma ne sono solo partecipi o forse solo  spettatori; lasciano il centro del quadro alle case ora nate da un libro, ora da una barca nel bosco, ora da questi giocattoli che costituiscono il mondo pittorico di Sandra dove le persiane della finestra sono fermate  da una matita che le traversa a monito e memoria dell’artificio del disegno e della pittura.
Piacenza, 24 maggio 2011-05                                                                                            Bruno Missieri